sabato 1 maggio 2010

QUANTI AMERICANI AMANO PARLARE COME GLI ITALIANI



Articolo di Claudio Angelini pubblicato su Il Messaggero di mercoledì 28 aprile 2010

L’Europa non dà sufficiente dignità all’italiano? La stessa Italia si chiede se la lingua
nazionale non debba cedere un po’ di spazio ai dialetti? Sono polemiche che viste dall’America
appaiono ridicole. Perché gli USA, se potessero, sceglierebbero il nostro idioma come seconda
lingua ufficiale. Per la sua bellezza. L’Italiano, tartassato in Europa e contestato perfino in
patria, invade gli Stati Uniti superando problemi finanziari, organizzativi e burocratici. È
l’unica lingua europea in crescita nel nuovo mondo (a parte l’inglese dei “british” e lo spagnolo
dei “latinos”). Umilia il tedesco e il francese, i cui governi spendono cifre da capogiro nel
tentativo di espandersi culturalmente. E se la batte con il cinese, che trova terreno fertile tra gli
americani che studiano business. Ma il cinese è la lingua degli affari futuri, l’italiano è la lingua
della cultura che giunge dal passato per arricchire il presente e dare fascino agli anni che
verranno. Qualcuno penserà che questo boom nasca da una rivalsa storica: la voglia matta della
nostra comunità di riappropriarsi di un patrimonio dimenticato. Ma è vero solo in parte. Uno
Stato dove sono ben poche le presenze italiane, l’Oklahoma, è tra i più affascinati dalla nostra
lingua. Insomma, l’italiano piace e si diffonde come per partenogenesi. Alla fine del 2003, il
nostro governo lanciò un programma che conquistò le scuole degli States. Era l’APP (Advanced
Placement Program), in base al quale gli studenti degli Stati Uniti potevano sceglierlo come
materia non facoltativa, ottenendo “credits”. Ma accadde un fenomeno imprevisto: non c’erano
abbastanza professori capaci di insegnarlo bene. Sembrò la fine di un sogno, ed ecco il miracolo
(toccato con mano anche dal “New York Times”): nonostante le avversità, l’italiano ha
continuato a diffondersi in America. Come se non avesse neppure bisogno di docenti. Tanto più
che, in certi casi, si sono messi a insegnarlo perfino i “cugini” francesi e spagnoli. Adesso però è
cominciato il conto alla rovescia. Si corre contro il tempo per non essere esclusi dall’APP. Il
governo ha stanziato altri 300 dollari, la robusta associazione italo-americana NIAF ne ha
assicurati 500mila. La nostra ambasciata e la “Dante Alighieri” si muovono molto bene. E
fioriscono accordi tra università italiane e americane. Cercasi assistenti linguistici. Questa è la
parola d’ordine. Assistenti venite, prima che l’italiano sia insegnato dai cinesi.